Dreaming Transiberian
A 18 anni ho guidato per la prima volta. Senza patente. Era ma macchina del mio datore di lavoro estivo nel suo campo di pere e a fianco c’era quella che non sapevo ancora fosse la mia testimone di nozze. Improvvisamente un fosso si è materializzato di fronte alla macchina e io ho accelerato invece di frenare.
Anni dopo, il mio insegnante di guida, ignaro dei miei trascorsi, ma ben conscio di quanto io guardassi in giro invece che quello che stavo facendo, si lasciava andare a previsioni tragiche circa il numero dei miei futuri investimenti di pedoni e biciclette. Era la Caporetto della mia motivazione da pilota. Io e le auto ci amiamo: io le considero splendidi oggetti di design e loro mi amano perché sanno che non le guiderò. Lascio ad altri la sensazione di potenza che può dare la guida di un mezzo (di qualsiasi genere), per me viaggiare è lasciarsi trasportare e guardare in giro, dando per scontato che il resto del mondo sappia distinguere il freno dall’acceleratore.
E qual è il mezzo assoluto per guardare da un finestrino se non il Treno.
Viaggio così tanto in treno che avrei voluto un capotreno come ospite d’onore al mio matrimonio. E ne avevo in mente uno ben preciso. Intercity Bolzano-Lecce di una domenica di primavera del 2004 e Trenitalia ci aveva deliziato con una carrozza fantasma. Un vagone (non fantasma) di indemoniati si riversa sul capotreno, un 50enne con i baffoni neri e un sorriso smagliante. Lui non ha fatto un plissé (nonostante la maleducazione di molti) e in men che non si dica aveva sistemati tutti gli indemoniati qui e lì lungo le carrozze esistenti, senza perdere il sorriso e con una cortesia disarmante. Era un capotreno per vocazione.
Era il Re del Capotreni. Il mio preferito.
Viaggiare in treno è bello: sistemi la tua valigia (un trolley medio, non un mastodonte rosa shocking di 80kg con le rotelle) e guardi fuori. Anche se hai percorso quella tratta 1000 volte, continua a guardare fuori. Io continuo a vedere cose nuove. O cose che c’erano e non ci sono più. O mi limito a curiosare nelle case che pensavano di essere state costruite in un posto tranquillo. Anche se fuori c’è un muro di nebbia. Giusto per vedere che luci ci sono o cercare di immaginarmi dove sono. Anche perchè è sempre e comunque diverso: chi hai attorno è diverso e il tuo stato d’animo anche.
Ci sono quelle volte che 10 minuti di ritardo mi fanno travasare la bile e altre che di minuti di ritardo ne ho 40 e penso “eh, vabbè, si arriverà…”.
Ho viaggiato in treno un po’ ovunque e non potevo che appiccicarmi la finestrino e guardare fuori e vedere quanto altro c’è tra A e B, dimenticare A e pensare anche a quello che succederà a B. Essere in treno è come essere in un limbo spazio-temporale. Non sei in nessun luogo preciso, sei “in treno”.
Non importa che ore sono in quel momento perchè quello che conta è “quando arrivi” e quello è già futuro, è già B. Se qualcuno ti chiama (a parte chiederti a
che ora arrivi) non ti chiede cosa stai facendo … sei “in treno” e tanto basta.
Essere in treno ti lascia sospeso nel vuoto spazio-temporale fino all’arrivo. E sospeso guardi fuori e vedi anche posti di cui non sapevi nemmeno l’esistenza (eppure per qualcuno è il punto B!): paesini come Buttapietra tra Verona e Mantova, le periferie sovraffollate in Giappone, le dacie in Russia, i paesetti rossi, bianchi e verdi in Svezia, le montagne sulle Alpi, mentre il mare ti corre a fianco alle rotaie mentre vai verso il Conero.
Se sei fortunato, ti imbatti in un educato compagno di viaggio che ha qualcosa interessante da dire, se lo sei un po’ meno qualcuno che prende la sospensione spazio-temporale troppo seriamente e vedi lontano un miglio che ti sta raccontando una sua vita parallela; sei testimone di importanti rivelazioni familiari, litigi furiosi (dal vivo e al telefono), ti fai congetture su chi hai di fronte o mentalmente dai la tua opinione su un argomento discusso due sedili più in là.
Di sicuro riconosci a colpo d’occhio chi viaggia di frequente e chi no, chi è in viaggio di piacere e chi preferirebbe non essere mai partito, chi deve incontrare una persona che non vede l’ora di abbracciare e chi invece la vorrebbe accoltellare, chi sul treno è in ansia perchè non sa che fare (generalmente hanno un libro nuovo di pacca che si gireranno tra le mani senza leggere più di una pagina) e chi si sente a casa sua (si toglie le scarpe, attacca il computer e si guarda un film o ligio al dovere scrive mail che manderà una volta in B).
Quindi, dopo 20 anni di treno e di varie tipologie di treni e personaggi è dreaming transiberian. Quattordici giorni di sospensione spazio-temporale tra l’Europa e l’Asia, correndo in quella parte di cartine che solo chi ci vive o ci è nato saprebbe dove mettere il nome di un paese (e ce ne saranno a migliaia di punti B sconosciuti! E anche di punti A!). Guardare fuori in un ambiente fuori dal tempo e dallo spazio conosciuto, dalla carrozza che ti eri immaginato leggendo Agatha Christie (evitando il cadavere). Sono posh, si, ma ho visto i regionali più simili a carri bestiame e le alte velocità più prestigiose, mi merito anche di vedere il top di gamma.
Sì, ho 20 anni di esperienza, il mio padrino di viaggio è il Re dei Capotreni.. sarei in grado di vivere su un treno.
Post scritto dalla tata collaboratrice Giorgia Oliviero.
Se ti è piaciuto questo post di lei puoi anche leggere I want to be a travel bussness.
Mara
Mi hai fatto semplicemente sognare!
miprendoemiportovia
Grazie 🙂
Giorgia
Grazie, ne sono contenta! ^^
Giulia Calli
Bellissimo articolo! Aaaaamo il treno, e la Transiberiana è uno dei miei sogni di viaggio! 🙂
Elisa e Luca
anche il nostro ecco perché siamo stati così felici di ospitare questo racconto sul nostro blog! Grazie per essere passata di qui!