La vita è una colonna sonora
Che io sia un malato di musica ormai è un fatto assodato.
Uno dei problemi di logistica maggiori quando io ed Elisa ci siamo sposati è stato trovare una collocazione in casa della mia futura moglie alla mia oceanica discoteca composta da ormai non so più quanti CD.
Sono talmente malato che ogni mattina seleziono in base alle condizioni atmosferiche e al conseguente umore del sottoscritto la miglior colonna sonora possibile da consumare in auto.
Colonna sonora. Io vivo la mia vita come un film. Adesso mi spiego, non l’ho sparata grossa, niente a che vedere con Steve McQueen o Marlon Brando che sia chiaro. Vivo la mia vita come un film perché immagino sempre la miglior colonna sonora per qualsiasi momento. Ogni album, ogni canzone è associato dalla mia mente ad un preciso ricordo. Se tutto questo venisse riconosciuto come una patologia dall’OMS probabilmente la chiamerebbero “Sindrome da Alta Fedeltà” in onore del protagonista del best seller di Nick Hornby.
Tutto questo funambolico preambolo per parlarvi di musica e viaggi.
Se già la mia vita quotidiana è scandita da scale pentatoniche, slide guitar e amplificatori valvolari figurarsi i viaggi! Che questo avvenga tra i nostri italici confini o dall’altro capo del mondo non ha la minima importanza. Anche se ammetto che all’estero ha un pizzico di fascino in più.
Flashback.
Paul Weller. Uno dei miei cantanti preferiti. Ritrovarlo nel juke-box di un bar disperso nelle campagne scozzesi ha legato la sua “Time passes…” a quel ricordo preciso, mentre infilavo la moneta nella fessura e i clienti del bar giocavano a biliardo. Era la prima volta all’estero. Diciott’anni. Interrail.
Poi sono arrivati gli incontri con culture diverse, e con la musica etnica (termine che non mi è mai piaciuto, chi stabilisce cosa è etnico oppure no?).
Viaggiare significa anche realizzare sogni.
Sogni come incontrare, a Guanajuato prima e Città del Messico poi, le mitiche orchestre mariachi. Sono da sempre stato un fan della musica messicana e ritrovarmi al loro cospetto mi ha davvero emozionato. Ritrovarti lì, a migliaia di chilometri da casa, tra fiumi di cerveza e tequila, con la bocca infuocata dai chipotle e con gli occhi pieni di meraviglia a batter mani e piedi tra un brano e l’altro durante un infinito matrimonio messicano è una scena da film. Questa sì.
Se c’è un suono, per me, che più di tutti è legato ad un profumo è quello del gamelan, strumento tradizionale dell’isola di Bali.
Il profumo è quello dell’incenso delle offerte floreali create dalle mani delle donne baliniane. Entrambi si diffondo nell’aria di questa isola dell’Indonesia come se fossero un’unica entità, impalpabile, inafferrabile ma che può raggiungerti ovunque.
La musica può essere allegra come quella messicana, mistica come quella orientale, ma anche romantica e può narrare di cuori infranti, di delitti e tradimenti.
Ambienti raccolti, luci basse, silenzi religiosi del pubblico, due chitarre e una voce. Questi sono gli ingredienti fondamentali per un concerto di Fado, la musica portoghese che è nata nell’Alfama, il quartiere del porto di Lisbona.
Tale è la drammaticità delle esibizioni che una volta mi è capitato di vedere la cantante al termine della canzone scoppiare in un pianto e fuggire all’esterno della taverna. Se questi non sono ricordi indelebili.
Trascorre una settimana a Parigi per festeggiare l’ultimo dell’anno può risultare la più classica delle vacanze. Ma se Parigi dopo secoli continua ad esercitare un fascino irresistibile in tutti i viaggiatori del mondo un motivo ci sarà. L’avevo lasciata a diciott’anni (ricordate l’interrail di cui vi ho parlato poco prima?), senza più soldi in tasca, con un caldo terribile e invasa dai papa boys & girls che in quei giorni avevano raggiunto la capitale francese per la presenza del Papa. Insomma io e Parigi avevamo un conto in sospeso.
Ecco allora la possibilità di scoprirla veramente dopo quasi quindici’anni, insieme a mia moglie, quindi da innamorato. Un piccolo gioiello di appartamento a Montmartre e via alla conquista di Paris! Il ricordo più bello è sempre legato alla musica. Fortunatamente abbiamo seguito il nostro istinto quella sera e non ci siamo lasciati scoraggiare dalla Lonely Planet che definiva il locale che avevamo trovato tra le viuzze di Montmartre “frequentato da turisti”, della serie se volete la vera Parigi non venite qui.
Il locale in questione era il “Au Lapin Agile“, un rifugio dall’atmosfera davvero speciale. All’interno di questa piccolo edificio, accucciati su un paio di sgabellini a fianco del pianoforte nella penombra di una stanza gremita da una trentina di persone abbiamo assistito al susseguirsi durante tutta la notte di cantanti d’opera, musicisti, cabarettisti e cantautori di una bravura e simpatia eccezionali. Il mio precedente ricordo di una Parigi immensa e per nulla romantica ora è stato sostituito dalla Parigi bohémienne della “coniglio agile”.
Ora è tempo di partire per l’Argentina. Quale colonna sonora porterò nella mia memoria?
P.s. Le passioni si fondono. In questo post ho reso visivamente omaggio al mio amore per la musica con l’altro mio grande amore, il fumetto. Se volete continuare a seguire la mia produzione cliccate su www.dilloconunfumetto.it. Golix
luca
Ciao Luca da Luca.
Stavo sondando il web per farmi venire un’ idea per la mia prossima meta e ho deciso di passare di qui , sito di elezione da qualche mese a questa parte , per il taglio originale che gli avete dato. Intanto complimenti per la tua arte , il fumetto , che apprezzo molto e che hai sviluppato in un mestiere che spero ti porti fortuna e guadagni .
Niente , a parte i salamelecchi sono intervenuto perchè l’ idea di accostare un ricordo a una colonna sonora è anche mia ed è bellissima. Anche io strimpellavo con gli amici e quando hai parlato di alcuni luoghi , mi sono tornate in mente le stesse cose e le stese serate. A Parigi mi ricordo il Charleston de Le caveau de L’Auchette , fantastico. O il Flamenco di tossa de mar , i mariachi di Citta del Messico e Merida , il Fado a Lisbona , ma anche i semplici jazzisti delle metro di mezzo mondo , ora con un contrabbasso , ora con un kazoo. Le melodie cambogiane , così distanti dal nostro stereotipo pop/rock nella composizione armonica.
Insomma , hai sviluppato un pensiero figo. In Sudafrico ho comprato un cd di Dani Ngwenya , da lui stesso , un chitarrista della township di Città del Capo conosciuto al Waterfront, suonava rock blues contaminato con latte di olio che fungevano da casse armoniche per chitarre selfmade. Non un chitarrista eccezionale , ma ecco , è stata la mia colonna sonora in quel viaggio , nel lettore della mia auto a noleggio.
La musica , come il cibo , i paesaggi e i costumi , costruisce l’dentità di un paese. Qualunque forma assuma.
Grazie del tuo spunto.
Luca
(PS avete un consiglio per un viaggio a Gennaio 20gg? Pensavo al Guatemala)
Elisa e Luca
sul Guatemala rispondo io mentre tutto il resto lo lascio a Luca!
Venti giorni sonopiù che suff per vedere bene il Guatemala. Ti consiglio vivamente il Lago Atitlàn, io ci starei almeno tre giorni per vedere bene i paesini ed immergerti completamente nell’atmosfera del luogo. Poi senza dubbio vai a Chichicastenango. Ti consiglio di arrivareil giorno prima del mercato, svegliarti prestissimo la mattina e vedere l’arrivo degli indios dalle montagne coi loro prodotti. Se vai nella sezione Incontri puoi leggere il racconto su questo luogo. Da non perdere ovviamente le rovine di Tikal. Dal Guatemala io poi ero arrivata in bus in Belize che ti consiglio di abbinare al viaggio in Guate se hai venti giorni. Buon viaggio, Elisa
luca
Grazie , bella rubrica e belle foto.
Sto abozzando un itinerario , poi vedremo se mi convince.
Grazie dei consigli!
Luca