
Viaggio in Tanzania a contatto con la popolazione locale
Buongiorno viaggiatori la special guest di oggi è Elena che ci parla del suo viaggio in Tanzania. Quattro amiche in un viaggio a contatto con la natura selvaggia e le popolazioni locali. A leggere il suo diario di viaggio in Tanzania la nostra voglia di Africa ha raggiunto livelli altissimi! Tanzania e Zanzibar sono nei nostri travel dreams da ormai troppo tempo, speriamo che il sogno si avveri presto.
Viaggio in Tanzania
Per il nostro viaggio in Tanzania e a Zanzibar volevamo un viaggio autentico e allo stesso tempo che comprendesse le mete più belle della Tanzania, ovviamente con il minimo della spesa. Ci rivolgiamo tramite conoscenze a Kili Sky Safaris, sappiamo già che è gente fidata, e pian piano lavoriamo sul programma.
Siamo 4 amiche e alla fine si aggiungerà anche un 5° passeggero, evviva! Abbiamo già alcune esperienze di viaggi in Africa e ci siamo tolte le paure più comuni, ora vogliamo un contatto più diretto con la gente, anche fare da sole se possibile. Ci prendono in parola! Un po’ per abbattere i costi e un po’ per lasciarci sperimentare, una parte del viaggio la faremo da sole, usando i mezzi pubblici, con tutte le indicazioni forniteci da Kili Sky Safaris.
Prima tappa: Dar Es Salaam
All’aeroporto ci attende il taxi con la nostra guida, un ragazzo giovane che parla bene l’inglese e che ci farà fare un giro veloce della città, visitando a piedi alcuni punti più interessanti come il mercato del pesce. Peccato che sia pomeriggio inoltrato e che ormai il più dei commerci sia già concluso. I’autista ci lascia all’hotel economico, nella zona della stazione dei bus, dove ci attende il nostro 5° compagno di viaggio. Il bus è all’alba del giorno dopo, ci accordiamo con due taxi che ci accompagneranno: sono 10 minuti a piedi ma siamo pieni di valige. I biglietti li ha già comprati l’agenzia, il nostro autista ce li ha consegnati nel pomeriggio. All’alba i taxi sono già lì ma alzano il prezzo concordato, accettiamo di malavoglia.
Il viaggio in bus dura 12 ore, da Dar Es Salaam ad Arusha, ci sembra un’eternità. Il pullman però è “normale”, ognuno ha il suo posto, anche se un po’ stretto, c’è la televisione, bibita e merendine. Manca l’aria condizionata ma si sopravvive. Quando scendiamo ci accorgiamo che nel pullman viaggiavano parecchi bambini, nessuno ha fiatato!
Seconda tappa: Arusha
Da adesso, per tutti i giorni trascorsi al Nord, avremo un’auto da safari tutta per noi, una guida-autista molto preparata (che parla benissimo l’italiano) e un cuoco che ci coccola in tutto. La loro presenza piena di attenzioni è davvero un tocco di qualità.
La prima sera ci concediamo un lodge che l’agenzia ci ha consigliato caldamente, “non costa molto ed è carinissimo”, il Songota Falls Lodge. Una meraviglia: cinque piccoli bungalow sulle pendici del Monte Meru, ancora in città e già nella foresta: alberi, canti di uccelli di tutte le tonalità e alcuni primati che si mostrano di sfuggita. Cucina superlativa e proprietaria super accogliente, peccato potersi fermare un giorno soltanto.
Terza tappa: Lake Eyasi
Così lontano dal luogo dove trascorreremo la seconda notte: il Lago Eyasi. Prima notte in campeggio: le tende sono molto spaziose e il cuoco ci fa sentire letteralmente al ristorante. Intorno abitano popolazioni che vivono come gli uomini all’alba della storia. E’ ancora buio quando giungiamo alle capanne degli Hadzabe, popolo Sun, uno dei più antichi della Terra.
Il loro linguaggio è ricco di schiocchi, proprio come i primi tentativi di comunicazione verbale. Li seguiremo nella caccia (abbiamo discusso a lungo tra di noi se partecipare o no), usano arco e frecce e uccidono piccoli animali per sfamarsi; il territorio loro concesso è molto ristretto e non è facile sopravvivere in una zona chiusa tra i parchi. Mai avrei pensato di compiacermi con qualcuno che veniva verso di me con una tortora infilzata in una freccia. Ma loro sono troppo felici di mangiare e di dimostrare la loro abilità, come si fa a non condividere? In cinque minuti a sfregar legnetti il fuoco è acceso. Proviamo anche noi ma sudiamo e basta senza far uscire una scintilla.
Quarta tappa: Cratere del Ngorongoro
Verso l’ora di pranzo entriamo nel Cratere del Ngorongoro, definito Patrimonio UNESCO dell’Umanità. Non siamo mai stati in un parco africano ma ci rendiamo conto che poter ammirare una tale quantità di animali nello spazio di pochi chilometri è unico: sembra il giardino dell’Eden. L’auto da safari col tetto apribile è molto comoda per guardare e fotografare.
Vediamo addirittura il rinoceronte con un piccolo: ne rimangono pochi esemplari allo stato selvaggio ma qui è quasi assicurato poterlo incontrare. Alcune leonesse si riposano vicine con aria sorniona. “Vogliamo vedere un leone maschio con la criniera!” invoca il gruppo. Una di noi intona una preghiera swahili imparata dalle suore quando era bambina: le guide scoppiano in una risata irrefrenabile e noi con loro… infine il re della savana si concede, sdraiato in un prato.
Arrivando al Rhino lodge (il più economico sul bordo del Cratere) una mangusta corre sulla strada e alcune antilopi d’acqua pascolano nel giardino. Il bordo del Cratere è a circa 2000 m di altitudine e la sera fa freddo, facilmente piove perché è ricoperto di foresta. Quella sera piove, siamo felici di aver accettato il consiglio di dormire in lodge. E’ ancora stagione secca ma quest’anno, ci dicono, il tempo ha fatto come ha voluto ed ha già piovuto parecchio, è tutto verde.
Quinta tappa: Ndutu, la migrazione
Le nuvole ci sovrastano anche il giorno dopo mentre percorriamo gli altipiani fino alla pianura di Ndutu. Famiglie di giraffe e gruppi di avvoltoi deliziano il nostro viaggiare. E’ febbraio, il periodo in cui le mandrie della migrazione dopo aver camminato fino al Kenia, tornano qui e si fermano alcuni mesi. Perché? Non è difficile capirlo: l’erbetta verdissima non è più alta di pochi centimetri, il suolo piatto e roccioso crea pianure sconfinate dove è facile vedere i predatori e così gli erbivori, gnu e zebre, lo hanno scelto per fare i piccoli.
Dormiamo in un campo tendato (non vi sono soluzioni più economiche a Ndutu), sembra di essere dentro un film! Durante la notte piove e all’alba partiamo per avvicinare le mandrie. All’orizzonte la riga nera denuncia migliaia di animali ma guidare su quel terreno scivoloso è molto difficile e la nostra guida, dopo averci dato prova di notevole perizia, decide di tornare indietro. Per due volte aiutiamo altre auto ad uscire dal pantano. Ammiriamo vicinissimi una coppia di ghepardi. Quale eleganza si è concessa la natura con questi splendidi felini! Cacciano sempre insieme, maschio e femmina. Ora sbadigliano a più riprese, probabilmente hanno mangiato ed andranno a godersi il meritato riposo.
Sesta tappa: fuori dagli itinerari turistici, ai confini con il Kenia
Il giorno seguente usciamo dalle rotte più frequentate. Percorriamo ancora pianura sconfinata. Gli struzzi corrono di fianco a noi perfettamente coordinati e alcuni si fermano per mostrarci la danza dell’amore, un volteggiare di piume davvero agile e “soffice”. Verso la fine della piana sono numerose le iene, si vedono anche le buche nel terreno che utilizzano come tane.
Quando iniziano i rilievi siamo arrivati. Il masai che si occuperà di noi è lì vicino che pascola le sue mucche e ci viene incontro sorridente. E’ molto gentile e disponibile, ci fa conoscere la sua numerosa famiglia e ci porta su una rupe ad ammirare il panorama al tramonto del sole. E’ di una bellezza che lascia senza fiato. Siamo fuori dal mondo!
Le piogge fuori stagione hanno fatto fiorire i prati. I tappeti viola, le acacie verdi e le zebre che galoppano libere sono uno spettacolo incredibile. La moglie della nostra guida va al villaggio con l’asinello, e completa questo paesaggio quasi bucolico. Leggeri saliscendi, torrenti, boschi, mandrie, il villaggio con i ragazzi che giocano a calcio… 8 ore di cammino per tornare alla pianura, dall’altra parte del rilievo. In lontananza si intravede già l’Ol Donyo Lengai, l’unico vulcano attivo di questa parte di Rift Valley. Si riconosce dal cono perfetto. Il campeggio, gestito dal vicino villaggio masai, è un semplice spiazzo sotto le acacie.
E’ impagabile sentire di fare parte della savana senza barriere. Ci accolgono famiglie di babbuini che discutono animatamente e, immancabile, il negozietto di artigianato masai, 4 legnetti incrociati ma bellissime collane di perline e semi. Donne adornate alle orecchie e al collo aspettano felici i loro clienti. Sono mesi che non ne passano!
All’alba partiamo a piedi per entrare nella gola del fiume. Sulle pareti altissime di roccia rosa nidificano aquile ed avvoltoi, ce ne sono davvero tanti, fermi ed in volo. Molte mandrie di asini e bovini ci passano accanto sul greto del fiume e ricamano il fondo sabbioso.
Raggiungiamo il luogo dove i masai si ritirano alcuni giorni l’anno, mangiando carne e medicine naturali, per essere più forti nel corpo e nello spirito. Sulla strada verso il Lago Natron la nostra guida chiede ad una donna Sonjo di farci visitare la sua capanna. Com’è buia! Quando gli occhi si sono abituati ci accorgiamo che è semplice ma molto pulita ed ordinata. Lasciamo una piccola offerta, è usanza.
Settima tappa: Lago Natron
Il Lago Natron è un alternanza di deserto e foresta, dove c’è l’acqua esplode la vegetazione, dove finisce, tutto secco. Lasciamo tutti i bagagli in macchina “qui non tocca nulla nessuno” ci assicura la guida, e ci arrampichiamo sulle rive rocciose del torrente. Certo che se non sei in forma non ci vai eh!?
Attraversiamo più volte e arriviamo alla cascata dove troviamo molti altri turisti. In costume, traballanti sui sassi vanno a fare il bagno sotto la cascata. Il muschio e le piante sulle pareti bagnate fanno davvero pensare alle oasi nel deserto. Ci godiamo le docce abbondanti del campeggio.
Il mattino dopo visitiamo anche il lago salato con isolette e fenicotteri in lontananza.
Ottava tappa: Parco del Tarangire
Alcune ore di auto ci portano al parco del Tarangire, uno dei più ricchi di fauna. L’erba è alta ma il Tarangire non ci delude, qui gli elefanti sono davvero tanti. Gruppi numerosi con cuccioli di tutte le età vanno a fare il bagno di acqua e poi quello di terra. I grandi non possono rotolarsi, farebbero troppa fatica a rialzarsi, i cuccioli invece… sono uno spasso. Ma quanto giocano? Dobbiamo fare silenzio perché le femmine sono molto protettive e noi siamo a pochi metri.
Nona tappa: il Kilimanjaro
Attraversata la città di Arusha e visitati i mercati tradizionali giungiamo ai piedi del Kilimanjaro. Dormiremo vicino ad una piscina naturale di acqua limpida e tiepida, coperta da vegetazione tropicale. Meglio di un 5 stelle. Alla sera i galagoni ci segnalano il loro arrivo con urli strazianti e al mattino finalmente riusciamo a vederli: piccoli e dal pelo fitto, sono lemuri. Anche i babbuini giocano a dondolarsi tra i rami degli enormi ficus.
E’ il suo giorno: il padrone indiscusso di questo paesaggio si mostra all’alba scostando appena le nuvole. Lo si vede in tutta la sua lunghezza e altezza, 5895 m. Si entra dal Marangu Gate a 1900 m e per 4 ore camminiamo sulla stradina di terra rossa tra alberi millenari e ogni tipo di pianta che vi cresce e penzola. I colobi bianchi e neri volteggiano sulla volta degli alberi. Che bello sarebbe arrivare fino in cima. Ci accontentiamo del Mandara Hut (2727 m), la prima tappa del trekking del Kilimanjaro e poi giù veloci per tornare ad Arusha.
Decima tappa: Arusha da africani
Proprio quella sera ci attende la prova del fuoco: dormire in un B&B da veri africani, il Giraffa. Ce la faremo? La via è buia e piena di persone, nessun bianco. Siamo a 200 metri dalla stazione del bus che prenderemo domani alle 5. Ceniamo in un ristorante locale e dormiamo dove dormono i locali. Il prezzo è super economico e il servizio… pure! Le lenzuola sono troppo piccole e appena ti muovi si tolgono (avevamo i sacchi lenzuolo), il bagno un po’ è arrugginito un po’ non esce l’acqua, ma la notte dormiamo. E’ fatta!
Undicesima tappa: Zanzibar
Salutiamo guida e cuoco. Baci e abbracci.
Da questo momento viaggeremo in autonomia. Altre 12 ore di pullman ci riportano a Dar Es Salaam. Di nuovo dormiamo in un B&B, il Safari Inn nella zona centrale: caldo soffocante solo col ventilatore, ma è carino e pulito.
Il traghetto per l’isola di Zanzibar invece è fresco e nuovo. La partenza è vicino al mercato del pesce, in centro città, ed i biglietti non si possono prenotare, si devono comprare lì il giorno stesso, quindi meglio arrivare presto. Il viaggio dura 2 ore, è molto veloce. All’arrivo al porto di Stone Town il taxista chiamato dall’agenzia ci porta al Manch Vuga Lodge, anche questo molto spartano. Vi alloggiano molti ragazzi di varie nazionalità, è pulito anche nei bagni in comune e la colazione è abbondante. Si trova nella zona chiamata Vuga, 10 minuti a piedi dal centro e se vogliamo ci organizzano anche le gite.
Quanto è bella Stone Town! Davvero il turismo non ha potuto togliere il fascino di questa antica città: i palazzi dei sultani, le porte intarsiate, le botteghe delle spezie, le donne completamente velate. Alla sera in centro i giardini di Forodhani si popolano di cucine ambulanti che offrono pesce freschissimo a buon prezzo: un’atmosfera incredibile.
Abbiamo soltanto un giorno e molte gite fra cui scegliere. Tra la foresta di mogani con i colobi rossi e le piantagioni di spezie alla fine optiamo per una gita in barca, su una lingua di sabbia dove per poco non finiamo arrosto. Mare limpidissimo e sabbia bianca. Ora si, possiamo tornare in Italia! Prendiamo il traghetto verso Dar Es Salaam che ci porta verso il volo del ritorno in Italia.
Viaggio in Tanzania: info utili
Il nostro viaggio è durato quindici giorni. E’ un viaggio che è stato organizzato su misura per noi da Kili Sky Safaris usufruendo del pacchetto Wild. Abbiamo speso 2230 USD a persona per 5 persone. Il costo comprendeva la pensione completa al Nord e la notte e colazione a Dar e Zanzibar (dove si trovano ristoranti locali ad ottimo prezzo sui 5 /8 USD a pasto). La gita a Zanzibar era esclusa ed ha avuto un costo di circa 25 USD.
E’ stato un viaggio pieno di emozioni ed incontri, abbiamo visitato i luoghi da non perdere ma ci siamo spinti anche fuori dai percorsi turistici proprio come volevamo! La Tanzania ti rimane nel cuore ed è proprio vero il Mal d’Africa esiste.