Questo racconto, cari lettori, non vedevamo l’ora di pubblicarlo perché Giorgia (la special guest che ci aveva raccontato della Russia) ci porta con sé nel suo viaggio in Giappone direttamente dentro ad un matrimonio!
Contraddittorio: sembra un termine dispregiativo, ma io lo trovo solo pieno di possibilità. Quando parlo con qualcuno mi piace usare la contraddittorietà per vedere che ne viene fuori. Lo trovo un esercizio divertente. Sta di fatto che ho sempre avuto un buon controllo sulla contraddizione, ma il Giappone mi ha costretto ad un livello più alto e mi ha battuto con un’esperienza secolare.
Ammetto la sconfitta: l’avversario, se così lo vogliamo chiamare, è un grande Maestro e restare senza parole è stata una benedizione e una gioia.
Siamo partiti con un’idea preconfezionata di un matrimonio tradizionale giapponese e una bottiglia di amaro18 come unica certezza, ma lì nel corso della giornata di questo infinito matrimonio, il Giappone ci si è svelato nell’interezza della sua contraddittorietà, compresso in 24 ore di delirio psichedelico.
Il silenzio del tempo, la complicata e rigida sequenza del protocollo rituale, gli strumenti, gli abiti, i gesti. Non c’è nessun dio al quale giurare qualcosa e questo ti aiuta a cogliere la pura estetica di ogni gesto, della seta, dei suoni, del silenzio. Mancava la pioggia di fiori di ciliegio (impensabile ad agosto) e io mi sarei immaginata chiunque di fianco a me con gli occhi grandi e acquosi come quelli dei manga. In fondo era quello che mi aspettavo e mi pareva una scena già vista, quasi con i contorni fatti a matita.
Il Giappone ha iniziato a giocare con me mettendomi a mio agio, con quello che sapevo di lui, quello che mi aspettavo. Poi ha cominciato a girarmi intorno: il ricevimento, la prima festa, la seconda festa e il matrimonio manga con i fiori di ciliegio disegnabili è diventato una sorta di spring break: controllato, ma non di meno assurdo. I giapponesi, che ci immaginiamo rigidi, silenziosi ed educati, sanno diventare selvaggi e scatenati pur mantenendo un comportamento ed un’educazione esemplare.
Ma la cosa che mi ha colpito di più è come siano in grado di assorbire ogni cultura e sentirsi a proprio agio in questa senza perdere la propria. Se ci immaginiamo noi stessi, anche solo in un ristorante di sushi come ne trovi in tutto il mondo, siamo coscienti che è una cosa che non appartiene alla nostra cultura e, per quanto ci siamo abituati, ci sentiamo solo parzialmente coinvolti. In Giappone la cultura altrui invece è parte della loro e la sposa (bellissima) perfetta e a suo agio nel suo kimono era altrettanto perfetta e a suo agio nel secondo abito da sposa occidentale per il ricevimento.
Non ho capito molto di questo ricevimento rigidamente controllato e scalettato, dove ogni invitato aveva l’adesivo con il suo nome in due alfabeti da ttaccarsi all’abito (nel mio mancava una R, ma non ne ho sentito la mancanza), ma ogni momento era un flash, flash che sono andati in crescendo con le feste successive negli izakaia, in questi localetti di una stanza dove entri come in un appartamento, sotterranei o nei piani alti degli edifici. E li dentro è follia, è divertimento allo stato puro, è quello che non ti aspettavi mentre stavi imbacchettato in silenzio a guardare come anche i piedi devono avere una esatta posizione per fare una foto e in quell’izakaia al 6 piano la nostra bottiglia di tradizionale amaro18 è stata benvenuta come parte integrante del Giappone e finita in 10 minuti … ma soprattutto eravamo lì.
Quello che ho da dire adesso non ha niente a che fare con il turismo, non ci sono consigli, né dritte. La cosa più bella era essere lì, nel caos, nel non sapere più che cosa aspettarti. In capo al mondo, si direbbe, a vedere l’amico che non si vede mai perché i km in mezzo sono troppi ma sapere che c’è sempre, come noi per lui da 30 anni e sapere che va tutto bene, che la sua sposa è quella che avremmo scelto anche noi per lui se avessimo dovuto sceglierne una. Perfetta, a 10000km di distanza, ma come se fosse una nostra sorella.
Done.
Non è stato facile qs pezzo perchè per noi qs viaggio non era turistico, ma sentimentale. Ci torneremo, sicuramente, più da turisti. Dove e come non lo so, ma ci sono posti come questo che ti lasciano così senza parole che ci devi tornare per forza, se non altro per una rivincita.
E dire che mi ero anche preparata. (Giorni Giapponesi di Angela Terzani Staude, per leggere qualcosa di più sensato)
leli_pat
Curiosi di sapere com’è un matrimonio giapponese?
ce lo racconta Giorgia che ci è appena stata!
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Letidzia
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Manuela
Ed io preferisco i pezzi più sentimentali a quelli prettamente turistici. Meraviglioso