Torino dal 26 Aprile al 1 Maggio ha indossato il suo vestito migliore, ha lucidato gli ottoni delle trombe e sax, accordato pianoforti e contrabbassi e tirato le pelli dei tamburi per presentare il Torino Jazz Festival.
Sparsi in diverse location i palchi che hanno accolto le esibizioni di artisti italiani ed internazionali.
Tanto è il coinvolgimento della città che persino le piazze e le strade, nella durata del festival, hanno ceduto il loro storico nome in onore dei padri del Jazz: Piazza Castello diventa Piazza Louis Armstrong, Lungo Po Diaz si trasforma in Lungo Po Charles Mingus, via Po cede il passo a via Miles Davis.
Le passeggiate lungo i portici di Piazza Vittorio Veneto/Duke Ellington sono accompagnate da stendardi che riportano frasi d’amore nei confronti del Jazz da musicisti che ne hanno reso grande la sua storia.
Il nostro primo incontro l’abbiamo avuto proprio sotto questi portici con la coinvolgente marching band I Parenti Della Sposa che ha intrattenuto e fatto danzare decine di passanti al ritmo di balkan e latin jazz.
Lo storico edificio della Società Canottieri Esperia, sulle rive del Po, ha fornito una suggestiva cornice all’esibizione del Luigi Bonafede Quintet. Il locale era pieno all’inverosimile, poiché il set si sarebbe dovuto svolgere sulla bellissima terrazza che domina le acque del Grande Fiume non fosse stato per la scrosciante pioggia che si è riversata per tutta la durata del concerto. Com’è stato? Grande Jazz.
Per nostra fortuna il cielo per il resto della notte e del weekend ha deciso di concederci una tregua e ciò ci permettere di passeggiare lungo i Murazzi fino a giungere al Magazzino sul Po e armati di una birra, presa nei numerosi chioschi che affollano il lungo fiume, di battere il piede al ritmo della musica del Luigi Martinale 6tet.
Il giorno seguente la nostra “maratona jazz” ha inizio al Jazz Club Torino, vera e propria Mecca della musica afroamericana nella città dei Savoia. The Roosters ricreano le atmosfere delle ballroom degli anni ’30 e ’40 e hanno fatto ballare, noi compresi, come matti. In questo locale ha avuto la luce anche la JCT Records (Jazz CiTy Records), una neonata etichetta discografica che ha come obiettivo quello di promuovere e diffondere la scena musicale jazz di Torino.
Lo stile un po’ troppo sperimentale di Cristina Zavalloni & Radar Band, in scena sul main stage di Piazza Castello/Louis Armstrong non ci ha particolarmente entusiasmato e quindi ci siamo spostati lungo gli argini del Po per assistere a naso in su al concerto ipnotico di Tineke Postma e del suo sax alto. L’artista era affacciata ad uno dei balconi degli edifici che guardano sul fiume ed era illuminata da un occhio di bue che partiva dalla Società Dei Canottieri sulla riva opposta. Decisamente poetico.
La buonanotte è stata suonata dalla chitarra classica e dal sax alto del duo Pietro Ballastrero e Claudio Chiara sul soppalco della Drogheria, un bellissimo locale in Piazza Vittorio Veneto/Duke Ellington.
Il nostro tempo a Torino è scaduto e purtroppo abbiamo dovuto rinunciare alle esibizioni di giganti del Jazz che si sono tenute nella settimana seguente: McCoy Tyner, pianista storico di Coltrane e Roy Haynes, batterista che non ha bisogno di presentazioni.
Torino ha dimostrato una volta in più di essere una città che pulsa creatività, una città che è desiderosa di mostrare che la sua grandezza non appartiene solo al passato.
Proprio come il Jazz.
sphimmstrip
Bellissima panoramica, complimenti ragazzi! I Torino Jazz Festival mi ha infuso talmente tante emozioni che sto ancora cercando di riordinarle! 🙂 A presto!
miprendoemiportovia
Grazie aspettiamo di leggere il tuo post!