
Domandare e camminare sono i due modi in cui conosco la realtà: vado verso le persone, sono attratta da luoghi che possono raccontarmi una storia, allora modulo il passo e la frequenza delle domande affinché nessun particolare vada perduto.
Il blogtrip #wildcalabria è stato per me un racconto di parole e silenzi: quelle fiere di chi ha organizzato l’esperienza, le informative delle guide, le goliardiche dei compagni di viaggio, ma anche i non detti che leggi sui volti e sulle mani di tanti anziani dei paesi che abbiamo visitato e nelle loro attività ripetitive, negli occhi di chi è andato via per poi tornare, nelle timpe che preservano tutta la valle dal rumore della civiltà moderna, nel costante lavoro del fiume che ha scavato passaggi nella roccia e ci consegna scorci mai uguali a se stessi.
Civita
Civita manifesta rispetto agli altri paesi della valle un’identità molto marcata: fu fondata nel 1476 dagli albanesi che fuggivano gli attacchi dell’impero turco ed è tuttora presente una minoranza linguistica italo- albanese tutelata dalla Costituzione italiana.
I tratti della cultura arbëreschë sono individuabili nelle contaminazioni gastronomiche, nello stile urbanistico e nelle case Kodra, nella bizantina Chiesa di Santa Maria Assunta con le icone, le vetrate, gli arredi della liturgia cristiano- orientale, nei canti e nelle danze tradizionali.
Gole del Raganello
Tra i crinali scoscesi della città e la timpa del Demanio si aprono le gole del torrente Raganello (dal dialetto ragàre con cui si vuol restituire l’impetuosità delle acque, come di botti che vengono trascinate), che tra corridoi di falesie verticali, cascate d’acqua, pareti di oleandri si prestano ad un’esperienza adrenalinica come quella del canyoning.
La Valle del Raganello
Quando la natura cede il posto alla storia ci troviamo repentinamente nella necropoli di Macchiabate in cui i reperti testimoniano un abitato indigeno preesistente l’arrivo degli Achei che fonderanno Sibari e i rapporti commerciali che gli Enotri avevano con le popolazioni del Mediterraneo.
Il santuario della Madonna delle armi è un luogo dove culto e leggenda si mescolano, fondato sul fianco del monte Sellaro dai monaci basiliani, si narra che vi giunsero dei cacciatori che inseguivano una cerva che prese poi le sembianze della Madonna.
Racchiuso dalle vette più alte del gruppo del Pollino, c’è San Lorenzo Bellizzi un piccolo borgo in cui si susseguono minute finestre, balconi in ferro battuto e antichi muri tutti realizzati in pietra viva locale.
L’alta valle del Raganello è una base di partenza ideale per conquistare il cuore dei monti del Pollino, attraversando fitti boschi di faggio e brevi praterie si raggiungono i valichi battuti dal vento della Grande Porta del Pollino e Serra delle Ciavole (2167 m) regno dei vetusti pini loricati, che anche da morti non perdono la loro maestosità trasformandosi in eleganti sculture naturali.
Se arriverà il riconoscimento del sito “Timpe e Gole del Raganello” come patrimonio dell’UNESCO lo si dovrà indubbiamente all’unicità paesaggistica e alla particolarità storico- culturale del territorio, ma anche al lavoro inarrestabile di chi vuol valorizzare quest’eredità, a chi ne diffonde le suggestioni dopo la visita, a chi orgogliosamente se ne fa portavoce e lavora con le nuove generazioni affinché i valori, il folklore, l’identità non vadano smarriti.
Post scritto dalla Tata collaboratrice Cristina Felice Civitillo
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