A volte non avere radici è un valore aggiunto. E’ il caso della cucina di Quèbec.
Chiaro che le influenze francesi ci sono, ma la voglia di inventare, sperimentare, stupire hanno portato gli chef di tanti ristoranti ad un livello davvero alto. Io letteralmente amo quando non sono io a scegliere il menù ma è lo chef che mi consiglia, stuzzica la mia curiosità, mi chiede di fidarsi di lui. Amo non sapere cosa mi arriverà in tavola.
Nella giornata di ieri sia a pranzo che a cena ho avuto questa fortuna.
La neve inizia a scendere in maniera sempre più insistente quando Michelle, la guida fornitaci dall‘ufficio del turismo di Québec, ci porta nel quartiere amministrativo di Québec. Questa sorta di Wall Street, che domina dalla cima della collina la sottostante Québec antica, è formata da palazzi, grattacieli e da una via piena zeppa di ristorantini e discoteche, insomma una via che chi è in cerca di un po’ di divertimento non può ignorare.
Entriamo nel cortile de L’Atelier. Il bancone di ghiaccio con inglobate una dozzina di bottiglie di Jameson non può non attirare la mia attenzione.
Quello che ci aspetta all’interno è un locale veramente “figo“, scusate il termine ma non me ne veniva in mente uno migliore che rendesse altrettanto bene l’idea. Mi ritrovo come uno scemo a girare con il naso all’insù ad ammirare la bellezza di questo locale dimenticando per un momento il motivo della nostra visita: il pranzo.
Viene a presentarsi al nostro tavolo il giovanissimo proprietario italiano. Il mio timore che si tratti dell’ennesimo ristorante italiano all’esterno viene subito smentito dai piatti che ci vengono proposti (anche se a dir il vero uno dei tre aperitivi serviti era niente meno che uno spritz, accipicchia!).
Una favolosa zuppa alla cipolla apre le danze che continueranno con piatti deliziosi e originali. Le porzioni sono talmente abbondanti che giunto al dolce debbo mio malgrado alzare bandiera bianca.
L’Atelier è il classico locale che ti fa pensare “Ma perché in Italia non riusciamo anche noi ad avere un posto così?”.
La neve continua a scendere anche durante la sera, quando andiamo alla scoperta di un’altra via di divertimento giovanile a Québec: Rue Saint-Joseph. Decine di ragazzi arrivano a bordo di taxi per affollare i locali tra cui il bellissimo Le Cercle, che è allo stesso tempo ristorante/bar e live club.
La tranquillità della clientela che desidera solo mangiare è preservata dal fatto che gli ambienti sono totalmente separati. Ci viene proposto il menù dello chef, che ogni sera è differente con portate rigorosamente segrete! Ogni piatto ha un abbinamento di vino diverso, tutti francesi, tutti ottimi. Servito l’aperitivo viene a presentarsi al nostro tavolo lo chef in persona: neanche trent’anni, vestito da skater e con un gran sorriso stampato in faccia.
Questa è Québec. Dove grandi ristoranti o alberghi di lusso sono gestiti interamente da ragazzi. È una cosa che ti fa riflettere, soprattutto se pensi all’Italia. Ma non facciamoci prendere dallo sconforto e torniamo a tavola. Le pietanze sembrano non finire più e la cintura dei pantaloni inizia a stringere pericolosamente quando finalmente ci servono il dessert accompagnato da un buonissimo passito, naturalmente francese. Ringraziamo per la grandissima cordialità e ci tuffiamo fuori sotto la neve.
Note di un brano blues, che si diffondono nell’aria, provengono dal locale di fianco. L’entrata è affollatissima. Soddisfatti della serata ci incamminiamo lungo la via passando davanti a vetrine di sciccosissimi tatuatori, negozi per fumatori&coltivatori e soprattutto davanti a rigattieri con un’accozzaglia di oggetti da rimanere tutta la notte con il naso incollato al vetro.
Nevica sempre più forte. Via via.
Buonanotte Québec.