
Quanti post sono stati scritti su Milano, in quante lingue, seguendo quali percorsi?
Ognuno di noi ha un’idea su una città ed è il risultato di una serie di eventi: quando ci siamo stati, perché, con chi e quello che abbiamo letto.
Ho lavorato a Milano vedendo solo l’hotel e il luogo della sfilata; ho vissuto così vicino a Milano, che tutto quello che ricordo è la Feltrinelli a Milano Centrale. L’ho vista soffocare a luglio con i tacchi che affondavano nell’asfalto e l’ho odiata il sabato pomeriggio in una fila interminabile ai camerini di un negozio e facendo una gimkana tra i turisti con il naso all’insù e gli shopaholics.
Non ho mai amato Milano. La evito in autostrada, se potessi, la eviterei anche in treno. Quando Yen è venuta a trovarmi sapevo che avrei dovuto portarla a Milano; se ti fai 13 ore di aereo, vuoi vedere Milano, per forza, ma che posso dire io di Milano per renderle la giustizia che merita?
Quindi ho deciso di fare anche io la turista, accompagnando una turista e ho scelto come guida una persona che ama Milano, perché ci è nata, cresciuta, perché è casa sua. E tutti conosciamo i motivi per amare casa.
Alice ci è venuta a prendere quando, dopo meno di due ore, io già non sapevo più che farmene di negozi (anche se ho trovato un paio di scarpe che non ho più trovato da nessun’altra parte) e risotti fatti con le bustine e non sapevo più che dirne: per me Milano è sempre stato solo quello.
Alice, per fortuna, ha dimensioni ridotte. Per fortuna, perché se fosse pure imponente spazzerebbe via tutti con la sua personalità. Milanese, ma non imbruttita. È riuscita a farmi piacere Milano per un pomeriggio, percorrendola per il lungo e per il largo, lungo viale Dante fino al castello Sforzesco, il parco Sempione, il largo Cairoli e la statua a Giuseppi Garibaldi (gli stranieri non riescono, no, non concepiscono la e finale).
E arrivare alle colonne di San Lorenzo, lungo il corso di Porta Ticinese, non pensando tanto che è un monumento imperiale, quanto che negli anni 80 ci venivano i punk a sedersi tra le colonne e poi l’ondata grunge degli anni 90. E ancora giù lungo tutto il corso fino ai Navigli. I Navigli strapieni e le piazzette interne laterali coi fiori, i negozi strambi, di arte, di balconi e stretti passaggi.
Io non sarei mai riuscita a far piacere Milano alla Yen, ne prendo atto. Anni passati attraverso Milano e tutto quello che conosci è Milano centrale e la strada dalla stazione alla piazza del Duomo, la Galleria e San Babila con via Montenapoleone e via della Spiga. A parte alcuni negozi, niente che valga la pena ricordare.
Ero certa che Milano non fosse solo quello, tacco 12 alle 10 del mattino e vetrine con un’occhiata fugace alla Scala, andando verso la Rinascente. Forse Milano è vittima dei suoi turisti che vengono solo per fare shopping e per la settimana della moda, riempiendo la città di pagliacci vuoti (come le loro tasche dopo aver comprato qualcosa per 10 volte il suo effettivo valore).
Milano mi è piaciuta.
Togliti gli stiletti, Milano, sei bella anche con le sneaker sfasciate.