Buon mercoledì viaggiatori! Oggi ospitiamo Moro, amico da sempre fin dai banchi di scuola. Un’amicizia quella con lui che cresce ogni giorno. Insieme suoniamo (punk rock) e facciamo spettacoli sulla resistenza partigiana. Lui ha scritto un libro ed Elisa presta la voce alle sue parole ed io Luca li accompagno con la mia musica. Oggi ci fa un bellissimo regalo, i suoi scatti su Instanbul, a nostro avviso bellissimi.
Istanbul è una città dai mille volti, la sua estensione e il numero esagerato di abitanti la rendono una gigantesca Babele dove convivono diverse culture e stili di vita, dal fondamentalista islamico al manager all’adolescente fashion victim.
Impossibile pretendere di comprendere la complessità di questa città millenaria in pochi giorni, meglio allora seguire la suggestione della bellezza che la sua varietà sprigiona facendosi guidare dall’obiettivo fotografico della propria reflex. Istanbul è davvero fotogenica e se i suoi volti sono innumerevoli, il suo profilo, il cosiddetto skyline, è davvero inconfondibile.
L’alba e il tramonto sono i momenti migliori per cogliere il profilo dei minareti, le cupole delle moschee e dei caravanserragli, magari cercando un punto visuale privilegiato come la torre di Galata
o buttandosi nella mischia all’interno della grande moschea di Santa Sofia
o il mercato egiziano,
poco lontano dal porto di Eminonu, con il suo perenne odore di pesce alla brace e il vorticoso volare dei gabbiani.
Se dopo aver scattato megabyte su megabyte rimane ancora posto in memoria, e soprattutto se la curiosità non è sazia, ci si può allontanare dal magnifico e monumentale quartiere di Sultanamet
e dai negozi scintillanti di Istiklal Caddesi (da piazza Taksim alla torre di Galata), spingendosi a nord del corno d’oro, nei quartieri di Fener e Balat, dove trovano sede il Patriarcato ortodosso e il liceo greco.
Qui il profilo migliore della città si vede di lontano o disegnato su vecchi muri.
La zona, un tempo abitata da ebrei benestanti, è stata abbandonata e poi occupata dai Rom o dai tanti profughi che a turno trovano riparo a Istanbul (in questo momento soprattutto Siriani).
Qui i tram e i negozi di di turkish delight cedono il posto a vecchie macchine, forni e barbieri e i bambini sono i veri padroni di casa.
Ci si può letteralmente perdere nel dedalo di queste viuzze, seguendo il profumo dei simil (ciambelle al sesamo) appena sfornati o facendosi affascinare dai vestiti dello stilista Kobra Murat, il Versace dei Rom, facendo sempre attenzione a non dare platealmente spiccioli ai residenti.
In questo caso sarà difficile divincolarsi dallo sciame di bambini che sorridono allungando la mano seguendovi come piccole ombre. Nel caso, per ritrovare silenzio e raccoglimento, basta entrare in una qualsiasi Camii (moschea) e godersi la luce soffusa che entra dalle vetrate riflettendosi nelle stupende maioliche a muro.