
E’ un pomeriggio, c’è caldo ma non troppo. Luang Prabang ci sta piacendo davvero tanto forse perché sembra di essere all’interno di una fotografia di Steve Mc Curry.
Poche ore fa abbiamo assistito a file di monaci che, come ogni mattina prendono parte alla tradizionale processione della questua dove il paese offre loro da mangiare secondo il rito per cui è la popolazione dei fedeli che si fa carico della vita di un monaco. Si esce presto quando è ancora buio. La città sembra ancora addormentata poi, all’improvviso, il colpo di un gong da via ad una processione di tonache arancioni. Nello stesso momento dalle case esce un gran numero di persone, in prevalenza donne, coi loro seggiolini di vimini e coi tradizionali contenitori per il riso. Si siedono ai lati della strada ed aspettano la fila dei monaci che sorridendo accetta la loro offerta quotidiana, un pugno di riso.
Ragazzi giovani che non arrivano a vent’anni per lo più. Si può essere monaci anche solo per una parte della propria vita. E qui in Laos questo è un modo per imparare le lingue e poi sfruttarle un giorno nel turismo, un giorno in cui ci si vorrà fare una famiglia.
Dopo aver assistito alla cerimonia ci aggiriamo di tempio in tempio e incontriamo questo bellissimo sorriso. Ci guarda divertito e si ferma volentieri a chiacchierare con noi.
E’ uno scatto antico di quando ancora le fotografie resistevo a farle col rullino, era il 2006 ma il suo sorriso è ancora qui con noi così come il ricordo del Laos un paese che lascia un segno profondo per la delicatezza con si presenta e non ti abbandona.
Andrea da Bangkok
Proprio vero…il Laos lascia un segno indelebile in chi lo visita… e i ricordi indelebili a distanza di 7 anni sono un buon segno, no?
miprendoemiportovia
Che meraviglia il Laos vero? proprio un regalo inaspettato. Stava lì vicino alla Cambogia e ci siamo detti “perchè no?” una scoperta stupenda come solo i viaggi quando sei aperto a tutto il possibile sanno darti