Back to Rimini ovvero Rimini vista con gli occhi di chi ci ha abitato
Lo sapete che sono già due anni che non vado a Rimini? Mi pare un’eresia anche solo da pensare.
Sono stati due anni complicati e per andare a vedere altre cose non ci sono tornata per un po’. La presa di coscienza è agghiacciante, quasi quanto rendersi conto che, presi dalla vita quotidiana, non senti i tuoi da tre settimane. La settimana scorsa in viaggio verso Basilea realizzo che i miei genitori, dal primo gennaio, non sanno dove io sia: in automatico mando un messaggino, per lo meno per individuarmi sulle mappe.
Mi manca Rimini.
Ogni volta che torno, quando vedo il grattacielo avvicinarsi, mi si stampa un sorrisone sulla faccia e mi sento desiderosa di aiutare il mondo intero come Amelie Poulain. Generalmente, il sorriso si ridimensiona appena esco in strada, vedo parcheggi creativi e devo rischiare la morte per attraversare la strada, ma io sono a Rimini e ho delle cose da fare.
Innanzitutto, devo andare al Bar Ilde a mangiare la piada e dalla Lella a mangiare i cassoncini. Sono due anni che non mangio né l’una né gli altri. Cosa prenderei? Direi una caciotta-pancetta-rucola e un tris di cassoncini misti.
Devo andare al Caffè Duomo a fare colazione, come l’ho fatta per dieci anni tutti i sabato mattina. Sono ormai cinque anni che non vivo più a Rimini ma ogni volta che sono tornata, mi è parso come se fosse passata solo una settimana. La proprietaria mi chiama per nome e sa quello che prendo (caffè, kiffer acqua frizzante). Nel frattempo una delle sue bariste ha avuto un figlio e suo figlio, invece, che la volta precedente mi arrivava alla spalla, adesso mi supera di tutta la testa. Devo passare al mercato del sabato: non ci ho mai comprato quasi nulla, ma devo.
Passo davanti a tutte le mie case. A Rimini ho cambiato nove case in undici anni e mi piace andare a vederle tutte: chissà chi ci vive dentro, adesso. E ogni volta mi ricordo chi ci viveva con me e adesso è sparso un po’ in giro, come lo sono io.
Mi godo quelle cose semplici da turisti: una camminata nel centro storico. Ma con una differenza. Entro in Università e mi ricordo gli esami sostenuti. Mi fermo davanti al Tempio Malatestiano e invariabilmente mi torna in mente che tutto quel marmo bianco è stato trafugato da Sant’Apollinare in Classe da quei malandrini dei Malatesta (e mi indigno ogni volta). Soprattutto cammino lungo le vie parallele a quelle principali: c’è meno gente e ci sono i negozietti più interessanti. Cammino fino a San Giuliano attraverso il Ponte del Diavolo: ce n’è uno anche a Lugano e la storia che mi raccontano è sempre la stessa. Il Diavolo che vuole aiutare a finire di costruire il ponte in cambio della prima anima che lo attraversa e gli astuti cittadini fanno attraversare un cane. A Lugano c’è un’immagine del Diavolo che esce dalla parete rocciosa, a Rimini c’è una rientranza su un lato, che era il calcio di rabbia che il diavolo diede al ponte. In entrambi i casi, povero cane.
Passo davanti al mio parrucchiere. Da troppo tempo mi siedo sulla poltrona di un parrucchiere e tremo al pensiero di quello che sarà il risultato: con Giuseppe non dovevo dire nulla e sapevo che sarebbe stato esattamente quello che volevo.
Scendo fino al mare e poi giù in fondo fino al porto, sui sassi davanti al Rock Island. Arrivo alla “Fontana dei cavalli” (avrà un nome? Non lo so, ma ci sono quattro cavalli), dove d’estate c’è sempre qualche turista che ci mette dentro i piedi e guardo dentro al cortile del Grand Hotel. Ci sono entrata una volta, ma per me il Grand Hotel è quello che vedo in Amarcord di Fellini, con la gente in abito da sera che balla.
Sbircio dentro al Nettuno, dove per un giorno, le mie vite sparse si sono incontrate per il mio matrimonio davanti al mare. L’hanno chiuso e pare sia stato comprato da un privato (eh, l’avrei fatto anch’io).
E incontro quelli che sono rimasti. Ne sono rimasti pochi, ma quando parlano, mi pare di non essere mai andata via. Forse è colpa della locandina di Amarcord incorniciata in sala.
Dedico il post a tutte le persone che ho conosciuto a Rimini: ovunque voi siate adesso.
Piglet (Anna in Göteborg)
I always imagined Rimini to be a city crowded with tourists who adore the sun & not really for me, but reading your text makes me curious to see it for myself anyway 😉 It sounds to me, though, to be nostalgia not only for a place but also a time 🙂
Giorgia
Hi Anna,
thanks for your comment!
Rimini (just like Ibiza!) is much more than a noisy crowed place! Consider a visit when the season is not at its peak, maybe end of May or mid-september. All the outdoor bars and restaurants are open and you can have an apero or a dinner on the sand, looking at the sea with just a few local people. Downtown is full of history, then, and stunning views… Reg the nostalgia.. well, when you’re in your late thirties you kinda always feel that, thinking when you were in your early twenties! ^^
valeria
Ora al posto del nettuno c’è l’America Graffiti 🙂
Giorgia
beh, almeno non è chiuso!
Nat
Tra poco andrò per l’ennesima volta in ferie sulla riviera romagnola… cercavo qualcosa da fare e per caso sono capitata in questo post… mi è piaciuto molto leggerlo… niente, volevo solo dirtelo. Buona gionata.
Giorgia
Grazie Nat! Divertiti e salutami Rimini!