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Miprendoemiportovia - Blog di viaggi

Buongiorno a tutti, il nostro special guest del mercoledì è Andrea che vive in Thailandia. Un mese fa, durante il nostro #balilovetour, abbiamo pubblicato un post sugli expat a Bali e da lì è nato uno scambio di idee e opinioni proprio qui sul nostro blog. Oggi ci spiega le difficoltà e le soddisfazioni di reinventarsi lontano da casa partendo da zero.

Mi intrufolo fra le pagine di questo blog a seguito di uno scambio di opinioni su ciò che differenzia l’expat dall’emigrato, passando per il problema del precariato, nato fra me ed Elisa sul post “Canggu e gli expat a Bali”.

 Non sono un esperto dell’argomento, sono semplicemente un emigrato. Spesso quando mi racconto uso per semplicità la parola expat con la consapevolezza che c’è una netta differenza fra le 2 cose. Certo, lo fossi – expat intendo – davvero le cose sarebbero diverse.

Sono partito dall’Italia oltre 4 anni fa, nel 2008, per far sì che un sogno tanto inseguito non volasse irrimediabilmente via. Ero stato in Thailandia da turista senza sapere nulla di questa meta tristemente famosa per il turismo sessuale e che sta lentamente cercando di lasciarsi alle spalle questa pesante eredità. Confesso che l’unica cosa che mi avesse davvero colpito era il suo popolo. Durante le poco più di 2 settimane passate a zonzo in questa penisola del sudest asiatico non mi ero reso conto di quanti contatti avessi preso con persone rivelatesi fondamentali per il mio trasferimento qui.

 Una serie di circostanze fortunate e di colloqui di lavoro via Skype mi hanno dato la possibilità di fare il grande passo: lasciare l’Italia e con essa amici, familiari e un lavoro che amavo, per andare a vivere all’estero e iniziare una nuova avventura.

In queste poche parole la grande differenza che secondo me c’è fra l’emigrato e l’expat (o espatriato che dir si voglia): partire senza una certezza per iniziare una volta arrivato qualcosa di nuovo. Sono partito senza che a trapiantarmi ci fosse un’azienda, senza che una ditta qualsiasi mi pagasse il trasferimento e mi garantisse tutti i “benefit” di cui godono gli expat. Non ho negoziato lo stipendio prima, non ho fatto richieste particolari consapevole che era “me” che quella ditta cercava; sono partito e mi sono rimboccato le maniche.

 Arrivato a Bangkok mi sono presentato. In meno di un mese avevo percorso Bangkok in lungo e in largo, ho preso più taxi e treni che in tutto il resto della mia vita, ho soprattutto tirato fuori la grinta di cui noi italiani siamo in possesso. Proprio così, sono andato di persona negli uffici dove avevo già inviato il mio CV (ovviamente in inglese visto che per nostra sfortuna l’italiano è una lingua poco conosciuta). Avevo poche chance ma una grande determinazione e così, fortuna al mio fianco, il reparto di marketing della Wall Street Institute (scuola d’inglese che esiste in Thailandia come in Italia) ha deciso di accogliere il mio entusiasmo e le mie origini (il loro metodo è stato ideato da un italiano nel 1972). Mi sono rimesso a studiare: inglese, marketing e comunicazione e, già che c’ero anche tecniche d’insegnamento. È stato bello ma faticoso rimettersi in discussione a quasi 40 anni. Vedermi circondato da tante persone provenienti da tutto il mondo, molte delle quali potevano vantare oltre che un background di studi nel settore anche un’azienda che li appoggiava in tutto, è stato un forte stimolo. Ho lavorato per la WSI 7 giorni alla settimana per oltre 10 ore al giorno per poter rimediare alle lacune e dimostrare che in tema di creatività non ci batte (quasi) nessuno.

Fuori dal lavoro ho frequentato solo tailandesi e mi sono adattato ai loro modi più rapidamente della maggior parte degli expat facoltosi che vivono in questa metropoli. Il mio stipendio era quello che la legge impone alle aziende per un non tailandese quindi a parità di ruolo più alto che per un thai ma decisamente più basso di quello di un expat. Nonostante ciò tante opportunità in più offerte da un paese come la Thailandia dove il costo della vita è decisamente più basso che in Italia.

 Grazie al nuovo percorso di studio affrontato, dopo 2 anni di “gavetta” il mio curriculum si era arricchito dell’esperienza necessaria per cercare di fare qualcosa di diverso, in un settore più consono al mio modo di essere e così mi sono presentato ad un’azienda che si occupa di turismo, di cui ero cliente e che sapevo stesse cercando qualcuno che amasse scrivere e fosse appassionato di viaggi. Ancora una volta determinazione e fortuna mi hanno aiutato e dopo 3 colloqui e 2 test sono entrato a far parte di un gruppo di giovani redattori provenienti da 37 paesi diversi. Un ambiente multietnico estremamente dinamico e vivace dove ci si confronta e supporta anche al di fuori del lavoro perché vivere in Thailandia non è sempre tutto rose e fiori. Forse qualcuno si ricorderà della chiusura dell’aeroporto nel dicembre del 2008 o degli scontri militari del maggio 2010 o delle alluvioni dell’anno scorso. Vivere a Bangkok non è proprio come essere in vacanza e stando lontano per lunghi periodi dagli affetti che ci siamo costruiti nel corso di una vita può far passare momenti difficili.

 Mi state chiedendo se rifarei la scelta che ho fatto? Credo che la risposta sia scontata: sì! Sono anche felice di non essere arrivato qui da expat, nonostante le difficoltà e il fatto che nelle fasi di ricerca ci si sente più precari di un precario italiano (senza un visto non si può stare qui). Ogni giorno è una scoperta, ogni giorno una nuova avventura con nuove persone. Voi che cosa dite? Credete sarebbe facile per voi vivere a 8000 km da casa?

Ciao siamo Elisa e Luca, due viaggiatori incalliti che hanno fatto della loro vita un viaggio senza fine. Ci siamo entrambi licenziati da un lavoro che ci piaceva ma che non ci permetteva di vivere la vita che volevamo. Abbiamo un cuore rock’n’roll che batte all’unisono e un’anima gipsy. Il nostro motto? I sogni nel cassetto fanno la muffa, quindi tiriamoli fuori che la vita è lì che ci aspetta!

Comments:

  • 26 Settembre 2012

    Andrea, bellissima testimonianza. Immagino che motivazione e deterrminazione siano fondamentali per realizzare un sogno.

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      • 27 Settembre 2012

        …a completare la tua immagine aggiungo che con il caldo il girare implica un “in giro per Bangkok TUTTO SUDATO” 😛

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    • 27 Settembre 2012

      Gli ostacoli sono tanti, credimi… se non ci fosse una motivazione forte si rifarebbero le valige e si tornerebbe a casa…

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  • silviaceriegi

    27 Settembre 2012

    Grandissimo Andrea…grandissimo…una bella testimonianza…ed un’opportunità per conoscerti meglio!! non vedo l’ora di venirti a trovare!!

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    • 27 Settembre 2012

      Silvia… così smentiamo che in Thailandia coi bambini non ci si può venire! Ne vedi da tutto il mondo coi figli anche piccoli…ma non italiani… 🙂

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  • 27 Settembre 2012

    Diciamo che per colpe non nostre il termine “expat” e’ diventato una connotazione. Da “emigrante” a Singapore non posso che quotare in tutto e per tutto Andrea da Bangkok

    Saluti

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    • 27 Settembre 2012

      …non ti invidio… emigrare una cosa ma emigrare a Singapore è un’altra…follia pura direi io! Una mia cara amica ( https://www.viaggiovero.com/wp/2012/02/17/quando-vivere-estero-non-tutto-rose-fiori/ ) si è appena trasferita a Singapore (poverina)

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      • 3 Ottobre 2012

        La mia esperienza e’ molto positiva. Sono gia’ 5 anni che vivo a SG. Certo non sono tutte rose e fiori. Sto attualmente scrivendo qualche riga che miprendoemiportovia potra’ pubblicare quando vuole. Trovassi il tempo di finire spedirei… 😉

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    • 27 Settembre 2012

      …mezzo commento scomparso… cvolevo dire che vi devo mettere in contatto… il tuoi “dati” li ho già suggeriti 🙂

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  • 27 Settembre 2012

    Esperienza e parole fantastiche, Andrea! Riconosco e sento vibrare il tuo entusiasmo, simile a quello che ha animato la mia esperienza malese (seppur ahime’ molto piu’ breve della tua).. e chissa’ quante avventure ancora avrai da vivere a BKK.. in bocca al lupo!

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    • 28 Settembre 2012

      Confesso che leggendo il tuo primo guest post (e credo unico anche se ci avevate fatto illudere che ce ne sarebbero stati altri 😉 ) avevo provato la stessa cosa… il tuo desiderio di tornare e tornare e tornare e tornare e tornare e tornare e tornare (potrei proseguire all’infinito) in Malesia…

      Del tuo sito adoro la citazione iniziale… condivido con te questa di Gilbert Keith Chesterton che forse conosci…
      Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono. Perché i bambini lo sanno già. Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti.

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