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Miprendoemiportovia - Blog di viaggi

Oggi su twetter Roberto Saviano scrive: ” Lascio Berlino, città-laboratorio con l’ansia di trasformazione e con un imperativo: capire ciò che le viaggia attraverso e intorno”.

Per me con queste poche parole, lo scrittore condensa l’anima della Capitale tedesca. Ho amato Berlino appena l’ho incontrata. Adoro la sua aria da donna navigata ma con continua voglia di cambiamento. Adoro il suo essere fucina di avanguardie artistiche, ci entro e sento tutto un fremito, sento la sua vita, sento la sua arte e le sue molteplici sfaccettature!

Quando l’ho conosciuta per la prima volta nel 2006 solo una cosa avevo nella mente, andare al Tacheles, quel pazzo centro sociale simbolo della Berlino del dopo muro di cui Caterina, amica cresciuta insieme a me e erasmus per un anno in Germania, mi aveva più volte descritto.

Io ho fatto l’Università a Bologna e, pur non essendo una squotter, mi piaceva frequentare ogni tanto i suoi centri sociali. E quel Tacheles, mi sembrava di aver capito, fosse un concentrato di un’ umanità artistica che in Italia ci sognavamo. Era mia intenzione quindi conoscerlo a tutti i costi.

 

Per chi non c’è stato vi dovete immaginare un enorme casermone stile nazista (e a dir la verità lo era proprio) pieno di artisti che ci vivono dentro o vi hanno installato i loro atelier. Scale in ferro, muri che traboccano scritte, lunghi corridoi, un caffè a dir poco surreale  e un giardino abitato da giganti di ferro.

Il Tacheles è sempre stato il punto di riferimento della Berlino ribelle, sovvenzionata dallo stesso Comune che dava in affitto agli artisti luoghi a basso prezzo sicuri che questi li avrebbero riabilitati attraverso la propria creatività (il così detto fenomeno di gentrification). Negli anni il Tacheles ha acquisito sempre più fama, diventando la terza attrazione turistica Berlinese, per numero di visitatori, dopo il Reichstag e il Pergamon Museum.

Quando l’anno scorso sono tornata a Berlino ho voluto assolutamente portarci il mio nuovo compagno di viaggi e di vita, Golix.

Ci imbattemmo in adesivi con scritto “support Tacheles”. Appresi così velocemente che, a causa del fallimento del Focus Group, società che dava in affitto l’edificio, la banca aveva potuto metterlo all’asta.

E ieri il Tacheles ha chiuso per sempre i battenti. La gente continua a manifestare ma ormai l’emblema della creatività Berlinese non ha scampo. Cederà il passo a edifici di lusso.

E sono triste. Certo nel 2011 il Tacheles già non era più quello di cinque anni prima, forse era già un pò morto, forse mal gestito o mal frequentato ma pur sempre emblema di una società resistente.

Ciao siamo Elisa e Luca, due viaggiatori incalliti che hanno fatto della loro vita un viaggio senza fine. Ci siamo entrambi licenziati da un lavoro che ci piaceva ma che non ci permetteva di vivere la vita che volevamo. Abbiamo un cuore rock’n’roll che batte all’unisono e un’anima gipsy. Il nostro motto? I sogni nel cassetto fanno la muffa, quindi tiriamoli fuori che la vita è lì che ci aspetta!

Comments:

  • silvia

    24 Marzo 2012

    sono molto triste e a stento trattengo le lacrime. Il Tacheles l’ho visitato solo una volta in un viaggio estivo nella magica Berlino. Ne sono rimasta rapita e ho respirato tutto il fermento e l’energia di un posto che cresceva come un fiore in mezzo al cemento!! ciao Tacheles!!

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  • 30 Marzo 2012

    Allora credo di doverci andare prima possibile!… prima che anche il resto faccia la stessa fine :/ checcosamisonopersa.

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